Non di sola azione si qualifica il lavoro, tanto più quando i risultati dell’impegno sono intangibili e difficilmente misurabili.
I modi per dimostrare la qualità di un intervento nell’ambito delle relazioni complesse come quelle di “aiuto” devono dunque essere ricercati con strumenti e prassi che vadano oltre la mera contabilità del tempo trascorso con il disagio e riescano ad esplicitare l’interazione tra tutti i contributi educativi e sociali degli attori in scena.
Con questo spirito nel mese di aprile abbiamo promosso un incontro tra alcuni nostri operatori coinvolti nei servizi disabilità. Nell’incontro impostato con la nota formula del “focus group” abbiamo voluto dar vita ad un confronto a partire da un caso specifico, una situazione in cui diversi operatori con tagli professionali e ruoli differenti si sono cimentati negli anni con modalità di approccio evidentemente diversi.
La modalità del focus group ha permesso di mettere intorno a un tavolo virtuale quella che di fatto è risultata essere una vera e propria equipe multidisciplinare costituita intorno a una psicologa, una educatrice formata nel campo della rieducazione cognitiva, una educatrice con esperienza nel campo della formazione e inserimento lavorativo, una arteterapeuta e una psicologa in tirocinio. Non da ultimo, la presenza nel gruppo di altri educatori e della Responsabile dei Servizi di Inclusione ha permesso di allargare ulteriormente il confronto dal punto di vista metodologico e contestuale.
Il caso in questione ha riguardato una persona con problemi cognitivi e relazionali presa in carico dagli operatori della Cooperativa in momenti diversi a causa di una disabilità acquisita in età adulta, a seguito di un incidente.
A differenza di quanto proposto negli standard classici, gli interventi offerti alla persona in oggetto non sono mai stati impacchettati in un progetto unico. Molte iniziative infatti sono state proposte e non richieste a prova dell’approccio proattivo dei nostri servizi. Da tempo infatti cerchiamo di costruire percorsi ad hoc incentrati sulla persona “cammin facendo” anziché fondati sui servizi esistenti.
Come conseguenza, abbiamo riscontrato così l’attivazione di molti operatori che si sono visti spinti a mettere in campo le loro competenze in contesti non sempre usuali e ben conosciuti, sperimentando direttamente lo iato spesso esistente tra teoria e pratica.
I passi del percorso vissuto con la persona sono partiti da un contesto di “corso per l’autonomia”, una attività che da molti anni ci contraddistingue. A partire da quel corso, per alcuni aspetti poco soddisfacente per lei, sono state proposte delle situazioni mirate e specifiche per persone con disabilità acquisite. Dapprima si è lavorato in gruppi di stimolazione cognitiva, poi si è costruito un percorso educativo di potenziamento delle capacità di autonomia “in situazione”, fino ad arrivare a un periodo di accompagnamento all’inserimento lavorativo in contesto protetto. A completamento delle azioni individuate nelle varie fasi, sono stati offerti colloqui psicologici, percorsi di psicoterapia e arteterapia, con l’impegno di non perdere mai la ricerca di senso e significato che contraddistingue il vissuto delle persone con danni cerebrali acquisiti.
E’ emerso in modo chiaro dal confronto fatto in questa nuova equipe come l’ambito ultimo degli interventi abbia agito sul piano relazionale ed affettivo profondo, anche laddove l’intervento pareva connotarsi attraverso strumenti “tecnici” o di supporto cognitivo/educativo.
L’attivazione di un processo di analisi non incentrata su un servizio ma su un caso/obiettivo rappresenta una possibile modalità di lavoro trasversale, che rinforza le connessioni e le dinamiche di scambio professionale già in atto in Lybra.
Possediamo infatti entro i nostri servizi molte competenze specifiche e di alto livello, non sempre “spendibili” sulla carta quando prendiamo in carico servizi troppo spesso appiattiti a logiche tradizionali di assistenza sociale tipici dell’apparato pubblico. Attraverso lo sviluppo di queste connessioni ed il coinvolgimento di risorse “non scontate” e “fuori catalogo”, aspiriamo a costruire un contesto organizzativo dove i nostri servizi diventano contenitori, entro i quali appare possibile, incidere su tutti i livelli permettendoci così di monitorare costantemente lo stato di bisogno e di benessere della persona.
SP
Grazie per questa condivisione e riflessione sull'approccio che Lybra ha nello svolgere il lavoro per cui ci si impegna quotidianamente. Il cambio di prospettiva da "servizio" a "caso/obiettivo" è a mio avviso innovativo e lo riconosco in alcune esperienze lavorative vissute all'interno dell'area inclusione. Anche io auspico che possa diventare una nuova modalità da rafforzare e poter valorizzare anche all'esterno.